Opinioni & Commenti
Ambiente: anche la geotermia ha il suo impatto, come nel caso dell’Amiata

Non è priva di suggestione l’immagine del flusso, costante ed inesauribile, dell’energia proveniente dal Sole capace di far fiorire la vita sulla Terra, così come quella di quel flusso, altrettanto costante ed inesauribile, che dal cuore della Terra pulsa sino a quasi lambire la sua superficie. La geotermia è capace di «tirar su» l’energia termica dalla crosta terrestre per trasformarla anche in altre forme di energia, come quella elettrica. Proprio perché, su scala storica, si tratta di fonti energetiche non soggette ad esaurimento che l’energia geotermica rientra all’interno della costellazione delle energie cosiddette rinnovabili: «La tradizione vuole infatti che le risorse che hanno flussi continui nel tempo vengano chiamate appunto rinnovabili». Se poi guardiamo all’attività umana impegnata ad estrarre questa energia e la confrontiamo con una delle più note definizioni sulla scienza economica, quella fornitaci dal britannico Lionel Robbins (1945), e cioè che – parafrasando – l’economia si interessa del comportamento umano rispetto alla scarsità di beni e mezzi a sua disposizione, allora, ne consegue, che le energie rinnovabili da fonti inesauribili possono essere collocate su un piano extra-economico, a favore di uno esclusivamente ecologico. A questo punto, però, è necessario sfatare un mito: ovvero che le energie rinnovabili siano dovunque ecologicamente friendly. Ci sono pertanto impatti ambientali dovuti alle attività economiche che sfruttano le risorse rinnovabili. Il mondo scientifico è ben edotto e consapevole di questo aspetto. Vale allora riferirsi a quanto già affermato da Dickson & Fanelli (2003), che, rispetto alle energie fossili, ben vengano i «relativamente minori impatti dell’energia geotermica sull’ambiente, senza però sottostimare i rischi che effettivamente esistono». E ciò non vuol dire assolutamente essere contro le rinnovabili e a favore delle risorse fossili, tutt’altro.
In Toscana, patria della geotermia nazionale, la Giunta Regionale (Deliberazione del 4.11.2013 n. 904; DGR344/2010) riconosce ed è consapevole del fatto che le centrali geotermoelettriche nell’amiatino «rilasciano in atmosfera i gas incondensabili associati al vapore geotermico che le alimenta». In più, l’allegato a questa deliberazione mette in evidenza che «dal punto di vista ambientale i componenti di maggior rilievo contenuti nei gas incondensabili sono l’idrogeno solforato ed il mercurio: il primo per l’elevata sensibilità olfattiva che l’uomo manifesta nei suoi confronti; il secondo, per la sua elevata mobilità ambientale e la possibilità di accumulo in specifici comparti ambientali». Uno studio scientifico di Bravi & Basosi (2014) ha ormai evidenziato, per i quattro impianti geotermici posti sul Monte Amiata, che «i principali contributi all’impatto sono associati con l’alto contenuto di ammoniaca, idrogeno solforato, metano ed anidride carbonica» e che «in alcuni casi l’impatto è più alto di quello riscontrato per la produzione di elettricità da combustibili fossili». Da questi dati sarebbe allora facile dedurre che le energie rinnovabili non siano, sempre e comunque, pulite; in parte, la loro ecocompatibilità dipende da come e da dove esse si producono. Fare parti uguali tra diversi non vale solo per gli uomini, ma anche per la natura. Così, la complicata formazione geologica appenninica e la sua idrogeologia non consentono di installare impianti industriali ovunque senza che la tecnologia venga adattata al contesto ambientale e sociale, e talora, se necessario, rinunciandoci, quando gli impatti di breve e lungo periodo non si prefigurano compatibili.
Questo vale in Italia come nel resto del mondo, per il settore dell’energia geotermica e per ogni altra attività estrattiva. «Con l’entrata in vigore del decreto legislativo 22 del 2010, che ha liberalizzato l’attività geotermoelettrica, in Toscana si è avuta la presentazione di un numero considerevole di richieste di permessi di ricerca per il reperimento della risorsa geotermica». Nei primi mesi di quest’anno si contavano 34 impianti, 67 istanze di permesso di ricerca, 23 permessi di ricerca attivi e 7 istanze in fase di istruttoria. Certamente tale liberalizzazione non aveva favorito la buona pianificazione del territorio toscano sulla base di una sua ripartizione in zone, che tenesse in conto sia della vocazione naturale, per la presenza di giacimenti utili, che del contesto umano e paesaggistico sovrastante. Una sorta di corsa alle autorizzazioni è stata accompagnata da un certo favor normativo, per il fatto che si trattasse di energie rinnovabili. Questo ha dato talora adito ad un lassismo nell’iter autorizzativo e nella valutazione di impatto ambientale: una sorta di lasciapassare per le energie rinnovabili in quanto tali. Recentemente, con la Deliberazione del 15 maggio 2017 n. 516 della Giunta Regionale Toscana, si è voluto fare un passo avanti introducendo le previste «Linee guida per l’identificazione delle aree non idonee all’attività geotermoelettrica in Toscana».
Le risorse rinnovabili e le relative tecnologie non sono dunque tutte uguali e non hanno gli stessi impatti. Così accade che le installazioni industriali geotermiche vengano erette in aree protette. Oppure accade che le attività economiche puntuali, legate ad un sito geologico, entrino in conflitto con l’economia diffusa di un territorio. La validità tecnica di un qualunque sito industriale non è più decontestualizzabile. Una centrale geotermica che si trova in Nevada o in California non può avere lo stesso peso sociale, sanitario e ambientale in un contesto antropizzato e storicizzato come quello della maremma toscana, ad esempio. Alla stessa maniera, in Italia rispetto all’Islanda, a causa della diversa percentuale di gas incondensabili, cambia il potenziale climalterante delle emissioni in atmosfera. Sembrano, queste, opzioni di buon senso, ma che poi si scontrano con le istanze della popolazione residente. I conteziosi, nell’amiatino – lo sappiano – sono aperti da tempo.
Larderello, culla dell’industria boracifera italiana, ha rappresentato un presidio del territorio. Ha dato lavoro ed istruzione a tante persone, frenando l’abbandono e l’emigrazione. Paradossalmente, oggigiorno si rischia che più recenti impianti di estrazione dell’energia geotermica promuovino l’abbandono dei territori per incompatibilità socio-economica ed ambientale: così, anziché creare sviluppo locale lo si deprime. Il bellissimo Museo della Geotermia di Larderello ci testimonia il ruolo di emancipazione economica svolto da questa attività industriale per generazioni di lavoratori, e per le loro famiglie, ma nello stesso tempo documenta condizioni di lavoro rischiose, con esiti talora tragici. «A quest’ultimo riguardo, è da notare che i fluidi dei campi geotermici amiatini hanno un contenuto di mercurio più elevato rispetto agli altri campi in esercizio». Perché la memoria del passato non sia uno spettro del presente né un monito inascoltato, le analisi epidemiologiche svolte dall’Agenzia Regionale di Sanità per le aree interessate non possono non essere prese nella dovuta considerazione. Sappiamo che i risultati del recente progetto «InVETTA» – Indagine di biomonitoraggio e Valutazioni Epidemiologiche a Tutela della salute nei Territori dell’Amiata, verranno resi noti prossimamente.
L’adattamento delle tecnologie al contesto non può perseguire solo i fini di un lecito profitto, e questo senza andare a scomodare forme di speculazione. Gli impianti di terza generazione per l’estrazione del calore dalle rocce (hot rocks), senza interferire con le falde e senza intercettare fluidi portatori di sostanze inquinanti in atmosfera, potrebbero prefigurare percorsi tecnologici a soluzione win-win. In questo, il ruolo del settore pubblico potrebbe essere quello di volano, che metta in moto e coniughi, le esigenze di investimento economico reale, cioè tali da far corrispondere all’effettiva offerta di energia la reale domanda dai territori, da una parte, e preservando la qualità di vita della gente dall’altra. «L’industria energetica toscana legata alla geotermia rappresenta un centro d’eccellenza unico a livello nazionale e tra i principali a livello internazionale, con circa 1000 MW di potenza installata». La «Dichiarazione di Firenze» (Working Together to Promote Geothermal Energy Towards a Sustainable Energy Future, evento tenutosi a Firenze il 12 settembre 2017) è stata elaborata dalla Global Alliance Geothermal (GGA) impegnando i firmatari a promuovere attivamente l’espansione dell’energia geotermica.
Nell’orgogliosa e verace terra di David Lazzaretti e di Padre Ernesto Balducci non si possono leggere i problemi dello sviluppo del territorio astraendo dalla loro insita dimensione socio-ambientale. Per chi si occupa di problemi ambientali, ormai da diversi anni, rimane assodato il fatto che «quando parliamo di ambiente facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati. Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà. Data l’ampiezza dei cambiamenti, non è più possibile trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte del problema. È fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali». (Laudato si’, 139).
Comitati «No-GESI»: «Troppi rischi per la salute e poca convenienza economica»
Dopo la pubblicazione (n. 37 del 29 ottobre) dell’intervista a Massimo Montemaggi, responsabile geotermia di Enel Greenpower ci ha scritto un rappresentante dei «Comitati di Rete nazionale NoGESI- No Geotermia Speculativa e Inquinante» per farci presenti le criticità causate dalle centrali geotermiche sull’Amiata «un antico vulcano spento, nel cui sottosuolo sono presenti il bacino acquifero più importante della Toscana, in grado di fornire acqua potabile a circa 700 mila persone». Il testo, molto ampio, è consultabile integralmente scaricandolo da questa pagina. Sintetizziamo qui i principali rilievi. «Gli impianti sono ubicati in aree ad alto rischio sismico» e le «centrali utilizzano una tecnologia ormai obsoleta denominata FLASH: il fluido geotermico estratto dai pozzi viene separato in due parti: una parte di vapore che viene inviata in turbina e poi dispersa nell’aria con l’utilizzo di filtri e una parte liquida che viene reiniettata nel sottosuolo». Ne deriva che «sono migliaia le tonnellate di inquinanti “con caratteristiche tossicologiche ed eco tossicologiche rilevanti” secondo la definizione dell’Arpat scaricati quotidianamente nell’atmosfera con ricadute sul territorio e su centri abitati: acido solfidrico, mercurio, arsenico, radon, ammoniaca, acido borico, anidride carbonica, metano e altro ancora, molti dei quali cancerogeni». I comitati fanno anche notare che lo sfruttamento di quel tipo di energia è possibile grazie agli incentivi statali per le rinnovabili: «solo nel 2016 Enel ha ricevuto, per le centrale amiatine di Bagnore e Piancastagnaio, circa 90,4 milioni».
Per i Comitati le criticità presenti «sono sostanzialmente cinque»: «grave situazione sanitaria, nei comuni geotermici della Toscana meridionale, emersa dalla ricerca epidemiologica condotta dalla Fondazione Monasterio per conto dell’Agenzia Regionale di Sanità (+13% di mortalità maschile rispetto ai comuni vicini)»; «interferenza tra acquifero superficiale idropotabile e acquifero geotermico profondo, con conseguente abbassamento della superficie della falda superficiale e consumo di acqua potabile a fini industriali»; «inquinamento dell’aria e del suolo»; «inquinamento delle acque causato dalla risalita di gas, in particolare l’arsenico»; «sismicità indotta e subsidenza», come nel «sisma del 1 aprile 2000».