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Rubrica: Risponde il teologo

30 Ottobre 2022

Cos’è la comunione dei santi? Come comunichiamo con i nostri fratelli defunti?

di Padre Valerio Mauro

Cosa si intende quando si dice «comunione dei santi»? È un termine che sento usare spesso ma non mi è chiaro.

Risponde padre Valerio Mauro, docente di Teologia sacramentaria

L’espressione sulla quale verte la domanda del lettore compare per la prima volta in alcuni simboli di fede occidentali. Così com’è formulata non la troviamo nei testi del Nuovo Testamento e nemmeno nelle professioni di fede dell’oriente cristiano. L’attestazione più antica si trova nella spiegazione del simbolo di fede da parte del vescovo Niceta di Remesiana, verso la fine del IV secolo, e ricompare in altre versioni del Credo nella Gallia del V e VII secolo. Da queste versioni si forma il Simbolo apostolico accolto nella Chiesa di Roma, arrivato fino a noi come forma possibile da recitarsi nella liturgia eucaristica, all’interno dell’articolo dedicato allo Spirito santo e alle sue opere: «Credo nello Spirito santo, la santa chiesa cattolica, la comunione dei santi (sanctorum communio), la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna».I teologi hanno discusso, anche in maniera polemica, sul significato da dare al genitivo che qualifica la comunione. In effetti, il termine latino sanctorum può essere inteso come un neutro o un maschile. Nel primo caso avremmo una comunione alle «cose sante», ai santi beni della chiesa, in sintonia con quanto afferma Agostino con l’idea di «comunione dei sacramenti». L’inserimento fra la chiesa e il perdono dei peccati è in forte analogia con la sequenza del credere «un solo battesimo per la remissione dei peccati», propria dei simboli orientali. Nel caso di un genitivo maschile, invece, si indicherebbe la comunione fraterna che unisce i credenti. Le due interpretazioni sono entrambe possibili, ma soprattutto non si escludono e hanno la medesima fonte nell’immagine evangelica del banchetto del Regno. La comunione in quanto tale è soprattutto una comunione di persone, che include la partecipazione ai beni della salvezza che santificano i credenti, in modo particolare i sacramenti, le «cose sante per un popolo santo» secondo l’antica liturgia.Qui le tradizioni occidentale e orientali si avvicinano notevolmente. Col tempo e progressivamente si è accentuata la dimensione escatologica, per cui la comunione dei santi viene sempre più allargata all’intercomunicazione fra i santi dell’aldilà e la Chiesa pellegrina in terra. Un pensiero di Teodoro di Mopsuestia esprime limpidamente come l’unità battesimale in un solo corpo venga confermata dalla partecipazione al Corpo del Signore e vissuta nella concordia e la pace. Il testo offre una definizione della Chiesa nel suo mistero di grazia. La Chiesa è comunione al Padre nello Spirito di Cristo; fiorisce in comunione fraterna, comunicata nel battesimo e soprattutto nell’eucaristia attraverso lo Spirito di colui che avendo comunicato pienamente alla nostra umanità con l’incarnazione è risuscitato per farci comunicare alla sua vita trinitaria. La comunione con Cristo è costitutiva della comunione con il Padre, realizzate entrambe dal dono dello Spirito. Anzi, lo Spirito è questa comunione: effuso dal corpo glorificato di Gesù, costituisce la comunione nel corpo ecclesiale. La comunione dei santi si struttura sulla forma trinitaria di Dio, che in sé stesso è comunione; si realizza continuamente come partecipazione alla filiazione divina in una realizzazione umana, come popolo appartenente a Cristo. Un passo del Concilio è illuminante: «Tutti però, in gradi e modi diversi, comunichiamo nella stessa carità verso Dio e verso il prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria. Infatti, coloro che sono di Cristo e ne possiedono lo Spirito formano tutti una sola Chiesa, congiunti fra di loro in Cristo. L’unione fra chi è ancora in pellegrinaggio con i fratelli morti nella pace di Cristo non viene interrotta, ma consolidata dalla comunicazione dei beni spirituali» (Lumen gentium 49).Una nota al testo respinge decisamente una qualsiasi forma di evocazione degli spiriti dei morti. La comunione fra chi è ancora pellegrino sulla terra e chi è stato chiamato nella casa del padre si fonda sulla comune comunicazione alle «cose sante», che hanno inserito ogni credente in Cristo. Per la fede della Chiesa, questa comunione si conferma continuamente soprattutto in ogni celebrazione eucaristica. La festività di Ognissanti e il ricordo dei nostri defunti sono singolari giorni liturgici, nei quali siamo coinvolti a riflettere in profondità sulla comunione che unisce i credenti attraverso la comunicazione dello Spirito santificatore. La sua opera di santificazione non si realizza una volta per tutte ma si può raffigurare come una continua donazione della santità di Dio in favore dei credenti. Questa continua autocomunicazione da parte di Colui che solo è Santo sarà piena e definitiva nel Regno di Dio, trovando per sempre un’accoglienza totale nell’escatologica comunione dei santi.

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