Cattolici e politica. Senza una presenza compatta di cattolici non si difendono i valori non negoziabili

Nessuno può negare che dopo le elezioni del 4 marzo scorso siamo giunti a una sorta di anno zero, dal momento che tutte le rappresentanze politiche che in un modo o nell’altro puntavano a rappresentare i cattolici si sono completamente azzerate. Infatti, non sussiste più un’area cattodem né un cattolicesimo organizzato di sinistra, così come non vi sono più partiti centristi, mentre in Forza Italia e nella Lega i cattolici sono relegati nell’irrilevanza e nell’invisibilità.

Prevedendo che si sarebbe giunti a tutto questo, il Popolo della Famiglia è nato dall’esperienza dei Family Day del 2015 e 2016, partecipando negli ultimi due anni a tutti gli appuntamenti elettorali amministrativi, proprio per restituire speranza al cattolicesimo politico in quanto tale. Alle ultime elezioni abbiamo realizzato il piccolo miracolo di presentarci in tutte le circoscrizioni, e di raccogliere, nonostante il completo oscuramento mediatico, più di 220 mila voti.

A nostro avviso, questa presenza da noi faticosamente costruita – che sta già ripartendo per vincere le nuove sfide che ci si presentano – è già sufficiente per imporre a chiunque voglia pronunciarsi sul tema di riconoscere il Popolo della Famiglia per quello che è. Cioè, un fatto nuovo che non può essere ignorato, se si vuole affrontare seriamente la questione della presenza dei cattolici in politica.

Prima d’ora la questione era stata affrontata un po’ filosoficamente, perché da una parte c’era chi riteneva improprio un impegno diretto dei cattolici nella politica, come se si trattasse di qualcosa che inevitabilmente avrebbe deviato le coscienze dei fedeli rispetto alla missione propria della Chiesa. E nello stesso tempo vi era chi riteneva improprio, da parte cattolica, inserirsi nella democrazia con la propria identità. I cattolici secondo questi opinionisti avrebbero dovuto essere collaterali alle esperienze politiche laiche, senza averne una propria. Come se non fossimo più il Paese che per oltre 50 anni è stato governato da un partito di riferimento, per i cattolici, che aveva nel suo stesso nome sia il concetto di democrazia che quello di cristianità.

Molto spesso questa negazione, per quanto di principio, è stata dovuta a convenienze molto pragmatiche. C’è stata un’abbondante dose di clericalismo mediante la quale, dopo la fine della Democrazia Cristiana, le gerarchie ecclesiastiche hanno pensato di poter meglio difendere gli interessi materiali della Chiesa italiana – dall’otto per mille fino agli sgravi fiscali e agli insegnanti di religione – per mezzo di fiduciari sparsi nei vari partiti. Trascurando così quello che invece avrebbe dovuto essere lo specifico contributo che in questo periodo storico dovrebbe venire dalla Chiesa, e cioè la difesa non di interessi materiali ma dei cosiddetti valori non negoziabili.

In effetti, questo errore di prospettiva ha contribuito molto a far sì che l’ultima legislatura sia stata quella che maggiormente ha visto aggrediti i principi fondamentali della convivenza civile, che sono quelli della centralità della famiglia, della vita, della dignità inalienabile della persona (non dell’individuo) nella sua complessità, e della prevalenza del lavoro sul capitale. Di fronte a questo spettacolo il Popolo della Famiglia è nato proprio per la convinzione che non fosse più possibile affidare alla mediazione di altri la missione che i cattolici avevano in proprio, per difendere il bene comune.

Occorreva pertanto un soggetto politico autonomo che si misurasse direttamente col consenso. Non si poteva continuare ad agire in bluff, facendo valere il peso che indubbiamente ha la Chiesa nel tessuto sociale nostro Paese unicamente in modo indiretto e lobbistico. Era necessario tornare a misurarsi direttamente con la raccolta del consenso, perché solo questa è la politica che si può fare in democrazia, ed questo che il Popolo della Famiglia sta facendo.

Stiamo per spiccare il volo, vista la crisi dei partiti laicisti tradizionali, dopo esserci a lungo misurati con le vecchie incrostazioni di un certa visione clericale della politica. Abbiamo affrontato il pesantissimo fuoco amico di chi invece nel mondo cattolico tendeva a difendere delle visioni di parte, che finivano sempre per favorire questo o quel gruppetto di interessi, o per diventare autoreferenziali.

Ora invece i cattolici devono arrendersi al fatto che la nostra analisi si stia dimostrando quella più rispondente ai fatti, e per questo motivo siamo disposti a confrontarci con tutti. Nella consapevolezza, però, che non è più tempo né di collateralismi, né di perdere tempo in convegni e settimane di studi. Stiamo verificando come siano sempre di più i cattolici che, dopo aver diffidato di noi in buona fede, se ne stiano finalmente accorgendo, e non vogliamo deluderli.

*Coordinatore nazionale Nord Italia del Popolo della Famiglia