Cattolici e politica. A proposito di Costituente

Caro Franco, ho letto con sincera e commossa attenzione il tuo appello per una «costituente dei cattolici in politica». Ne ho apprezzato la spinta interiore (che in te conosco), la preoccupazione etica sull’attualità e sul tempo avvenire. Ma tu torni a proporre una riflessione metastorica, che ha sempre attraversato la cultura cattolica fin dal primo Novecento, che ha avuto momenti dialettici vivaci, scontri e lacerazioni da sempre; tanto da riproporre spesso il senso stesso di una possibile omogenea coincidenza fra cattolici e politica (Don Sturzo insegni!).
Certo, ciò che riuscì a De Gasperi e che funzionò da amalgama per decenni, resta una stella fissa di una invidiata stagione politica, ma quanto di allora è ancor oggi immaginabile, sia pure in una necessaria attualizzazione? Pur non credendo nella facile partizione prima/seconda repubblica (che stimo una banale semplificazione), resta il fatto che il distacco delle persone dalla politica non sia casuale e che molto dipenda dal livello assai modesto di chi è pervenuto all’esercizio politico degli ultimi anni. Mi chiedo se il vero problema non sia davvero questo, piuttosto che la collocazione dei cattolici in aree diverse e talvolta contrastanti.
Tu dici, giustamente, che «la ricomposizione della diaspora cattolica non sarà assolutamente facile e richiederà un supplemento di umiltà»: quell’umiltà, purtroppo, che proprio gli ultimi giovani cattolici ai vertici del Paese non sembrano aver avuto fra i loro talenti! «Definire i contenuti della società nuova»: forse potremmo cominciare da una profonda autocritica ed anche da una dimensione geografica del problema; perché ciò che sta accadendo in Polonia, in Austria e in altri Paesi «cattolici» della nostra Europa, con i loro orientamenti autoritari e di destra, non possiamo sentirli lontani. E forse pertengono ad un dubbio orientamento politico a cui sembrerebbe non estranea (o quanto meno tollerante) persino la chiesa ufficiale di quei paesi.
Dunque, caro Franco, grazie della tua sollecitazione. E grazie anche a chi ti ha preceduto in questo spazio che Andrea Fagioli ha opportunamente aperto su questo giornale. La mia pacata impressione è che l’invocata «costituente» non possa esser vista come un atto, un documento, ma piuttosto come un non facile e non breve itinerario, ove coinvolgere – questa volta – militanze di geografie diverse, se è pur vero che il cristianesimo non ha e non può avere confini geografici e politici. In definitiva, è ancora la spinta ideale che muoveva i nostri costituenti verso un’Europa unita e che trovava nella profezia di La Pira e nell’impegno sociale di Don Milani, quella spinta capace di coinvolgere concretamente verso una politica diversa. Forse potremmo e dovremmo ripartire dall’idea di Europa unita, tema davvero discriminante, ove non solo i cattolici potrebbero ritrovarsi. In questo momento siamo come salmoni che debbono risalire controcorrente, verso la sorgente. Ma la sorgente non sarà facilmente raggiungibile senza quel bagno di «umiltà» che tu invochi e che, al momento, vedo ancora lontano, purtroppo, non solo fra i laici.