Sophia, Maria e gli specchi che riflettono la verità
di Mauro Banchini
Cosa c’entrassero gli «specchi», in una fiction dal titolo «La mia casa è piena di specchi», si capisce solo alla fine.
La bella Maria e qui ci sarebbe da aprire una parentesi sull’eterna attualità della favola che racconta le strane vicende del brutto anatroccolo, visto che da bambina la nostra Maria era, a voler essere buoni, abbastanza tristanzuola con le treccine che ricordano troppo la figlia del ragionier Fantozzi Ugo, mentre sui vent’anni diventa un tocco di ragazza quasi meglio, si fa per dire, della sorella Sophia. Ma questa parentesi stabiliamo di non aprirla la bella Maria ha finalmente trovato la forza per scappare da mamma Romilda.
Si tinteggia da sola, Maria, un buco di appartamento e lo paga facendo la commessa. Studia (roba tosta: filosofia) e riceve il marito Romano: appena sposata, lui già l’aveva cornificata con grande abbondanza. D’altronde cosa pretendere da uno che si chiama Mussolini con una mamma chiamata Rachele (pure lei, a suo tempo, abbondantemente cornificata) che quando porta il figlio all’altare, in quel di Predappio, il figlio arriva tardi pure lì?
Insomma: il cornificatore Romano va dalla cornificata Maria proprio mentre la cornificata Romilda (la mamma di Maria. E di Sophia) si vorrebbe riprendere in casa il cornificatore massimo di questa storia: Scicolone Riccardo. Ma lui, Scicolone, non cede: continua a cornificare anche se, poco prima, era stato proprio lui a dare, alla figlia Maria, una grande prova di saggezza («Ascolta il consiglio buono di un padre cattivo»): cioè vattene via di casa, cerca di farti una vita autonoma rispetto a quella donna chiamata Romilda.
La bella Maria accetta il consiglio, ma accetta anche ed è qui che si scopre il mistero degli specchi il «pentimento» del marito dal cognome impegnativo. E fra uno specchio e l’altro (siamo nel 1962) viene concepita una creatura chiamata Alessandra: destinata a fare una certa carriera poteva essere altrimenti? a mezzo fra politica e spettacolo, ogni tanto ci entra in casa con sceneggiate partenopee da attrice consumata.
Più che la storia di Sophia passata alla storia non con il cognome vero, che poi era Scicolone, ma con il nome d’arte, Loren le due puntate hanno raccontato le vicende delle altre due donne: la mamma e la sorella (e a voler essere precisi anche le storie della nonna e della zia, più la storia del cameriere gay anzi «ricchione») con una particolarità che, in effetti, ha reso unica questa fiction.
Personaggi e interpreti hanno fatto una certa confusione perché la Sophia vera (oggi naviga nell’età in cui si può cominciare a essere orgogliosi di dire: fra poco compio 80 anni) interpretava la veracissima mamma Romilda mentre, per motivi più che comprensibili, la Sophia falsa era interpretata da una bella ragazza di una contemporaneità che però chiedo scusa, non vorrei essere offensivo con la bella attrice impegnata in un ruolo oggettivamente impossibile ha poco da spartire con la bellezza autentica della vera Sophia Loren degli anni Cinquanta-Sessanta-Settanta-Ottanta-Novanta-Duemila-Dieci-Venti e magari Trenta e magari Quaranta.
D’altronde la fiction era («liberamente») tratta proprio dal libro di Maria, sorella di Sophia, ed è stato avvincente, anche per chi non ama il gossip, ripercorrere note vicende di amore e bellezza. Tutto è partito e concluso a Pozzuoli (ma proprio la domenica della fiction, Pozzuoli è di nuovo finita sui giornali per l’ennesima storiaccia camorristica. Mi chiedo: non potrebbe, Sophia, farci un bel regalo e spendersi per una autorevole sceneggiata contro camorra e camorristi?).
Tutto è partito e concluso con l’Oscar preso, nel 1962, da Sophia per la gigantesca interpretazione de «La Ciociara», il film di De Sica che RaiUno ha intelligentemente proiettato subito dopo. Nel mezzo un sacco di cose: Greta Garbo e Cary Grant, Cinecittà e Quo Vadis, Achille Togliani e la pensione Lina, la fame e i primi soldi con il fotoromanzo «Non posso amarti», Carlo Ponti e Hollywood, Frank Sinatra e i grandi alberghi, Lello Bersani e i paparazzi, le luci del mondo e il basilico di Pozzuoli. E, su tutto, una diva che merita di essere tale e a cui tutto il mondo, ancora, vuole bene.
Infine, la storia degli specchi. Che c’entrano gli specchi nella casetta dove Maria accetta di riprendersi il cornificatore dal cognome impegnativo? «Mi piacciono gli specchi spiega la romantica Maria perché riflettono la verità. Senza bugie».