Toscana
L’aviaria mette a rischio i laghi della Piana
I problemi sono sorti con l’entrata in vigore dell’ordinanza emanata lo scorso ottobre dal Ministero della salute per prevenire possibili contagi di influenza aviaria. Tra le norme, una in particolare il divieto dell’uso di uccelli acquatici vivi come richiamo rende di fatto impossibile la prosecuzione dell’attività venatoria, perché senza richiami la caccia ai migratori tuttora consentita resta un puro miraggio. Ci sarà certo da seguire l’evolversi della diffusione del virus, il cui ulteriore avvicinamento potrebbe anche portare a un «blocco dei fucili» a livello europeo.
Ma intanto i cacciatori della Piana hanno lanciato il loro grido di allarme: serve dicono una deroga all’ordinanza distinguendo fra richiami fissi e mobili, perché negli stagni compresi tra Sesto, Campi Bisenzio e Signa i richiami vivono stabilmente in grandi gabbie senza nessuna possibilità di contatto con i migratori. Non solo: l’opera dei «lagaioli» è importante per la stessa verifica dello stato di salute dei volatili, per la quale collaborano già da diversi anni con l’Acma, l’Associazione cacciatori migratori acquatici. Ma se la normativa non cambierà, come ha affermato il presidente Cantini, saranno costretti «a cessare ogni attività e a lasciar seccare i laghi».
Un grido di allarme che ha trovato dei preziosi alleati in naturalisti e ricercatori come il professor Alessandro Poli dell’Università di Pisa e come il già citato Tozzi, che si attivati per un possibile emendamento in quanto, come ha affermato il direttore del Centro di Galceti, «la scomparsa dei laghi sarebbe una catastrofe». Mentre Carlo Scoccianti, responsabile dell’oasi Wwf di Focognano, non ha perso occasione per «sparare a zero» sui cacciatori e sui loro stagni che, a suo parere, sarebbero solo una «trappola micidiale» per i volatili di passaggio e che potrebbero acquisire un reale valore naturalistico solo se chiusi alla caccia. Ma chi garantirebbe la loro sopravvivenza? Secondo Cantini, dietro le parole di Scoccianti si cela solo l’interesse a candidare il Wwf alla gestione delle altre aree umide con conseguente, notevole impegno di denaro pubblico, sulla falsariga di quanto avviene a Focognano con risultati che il presidente dei Lagaioli giudica tutt’altro che apprezzabili. La polemica appare destinata a protrarsi a lungo: ma intanto non si può fare a meno di riconoscere che se quei quaranta laghi oggi esistono e contribuiscono a migliorare un ecosistema compromesso come quello della Piana è solo grazie all’opera dei cacciatori che li hanno voluti e curati.