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Lettere

La Comunione ai divorziati tra confessori di «manica larga» e di «manica stretta»

23 Marzo 2011 - 00:00
di Archivio Notizie
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Disparità di trattamentoGentilissimo padre Francesco Romano, la sua risposta alla mia lettera (Comunione ai divorziati: quali i criteri per cui viene negata o concessa?) in cui lamentavo il divieto di comunicarsi, imposto a mio figlio, perché divorziato e risposato civilmente, non ha a mio avviso, non so se volutamente o meno, affrontato il problema da me posto. Io non intendevo assolutamente accusare Berlusconi (che, si noti bene, non si accostò alla Comunione in una chiesetta nascosta, bensì nella piazza del Duomo di Milano, davanti a milioni di persone, dato che la cerimonia fu trasmessa anche in televisione), ma far notare oltre alla sfacciataggine del personaggio, in passato denunciato pubblicamente anche dalla moglie ed attualmente alle prese con processi relativi ad un comportamento sessuale indecente, la disparità di trattamento tra lui e mio figlio, bollato come peccatore, il che in alcuni può aver suscitato il dubbio che ai potenti tutto sia permesso, perfino sfidare le leggi di Santa Madre Chiesa. Il problema è tutto qui.

Mio figlio è sposato civilmente e considerato peccatore e va bene. Ma che dire allora di un famoso e potente personaggio che oltre ad avere già divorziato due volte, accoglie nelle sue abitazioni ragazze non certo per recitare con loro il Rosario, ma per scopi abbastanza turpi, che bestemmia durante una cena e che malgrado ciò ha la faccia tosta di mostrarsi in pubblico come un cristiano devoto? Non è anche lui peccatore come mio figlio?

Di più, non penso che Berlusconi abbia l’ipotetico confessore di cui ho parlato, perché se lo avesse, certo non sarebbe stato da lui consigliato di fare quello che fin qui ha fatto e continua a fare. Avrei voluto da lei, caro Padre, una risposta diversa che non fosse certo l’assoluzione per mio figlio, ma una condanna decisa e ferma di chi spavaldamente si prende gioco delle leggi e delle disposizioni della Chiesa. Non è stato proprio Gesù a dirci che nel nostro comportamento i sì e i no debbono essere decisi ed inequivocabili?

Mi scusi se mi sono permessa di ribattere davanti alle sue obiezioni ed alle citazioni della Dottrina che del resto conosco e se ho espresso il convincimento che nella Chiesa siamo tutti uguali e che nessuno, nemmeno l’uomo più potente del mondo, può protendere sconti, né permettersi di scandalizzare gli altri.

Paola Maria Ottolini Grosseto Mai giudicareSono la mamma di due bambini, che ha subito il divorzio, dopo anni mi sono riaccompagnata e vivo in prima persona il problema. In sincerità Padre anche a me è capitato «di spiare fra le panche» anch’io ho giudicato degli amici che pur trovandosi nelle mie stesse condizioni con molta naturalezza si avvicinano alla Comunione. Grazie Padre, il suo articolo mi è stato di vero aiuto, una vera lezione. Non dovremmo mai porci di fronte ai nostri fratelli con un atteggiamento giudicante o condannante; anche perché dall’esterno non sempre è possibile conoscere e valutare la complessità della vita di una persona. Questo vale per tutti, anche per coloro che ricoprono un particolare ruolo pubblico. PieraFirenze Critiche ideologicheCondivido la risposta del P. Francesco, sempre chiara e puntuale, nella forma e nella sostanza. Sono rimasta amareggiata dalle critiche ideologiche di alcuni lettori che non chiedono alla Chiesa di essere illuminati, ma di confermare le loro convinzioni, qualunque esse siano. Anch’io, che un tempo fui catechista, voglio ricordare l’obbligo di insegnare a qualunque costo la verità, che non è mai un «pesante fardello», ricorrendo alle parole stesse di Gesù riferite da San Matteo 5, 19: «Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli». Bianca RistoriPisa Sconcerto e doloreLa lettura della risposta del teologo, nel n. 9 di Toscana Oggi, circa la comunione ai divorziati, ha provocato in noi e in quelli a cui l’abbiamo mostrata, sconcerto e profondo dolore. Soprattutto perché al termine della dottissima dissertazione si finisce per mettere in stato di accusa chi poneva un interrogativo e un disagio molto comune fra i credenti.

Ci è apparsa l’attualità del cap. 23 del Vangelo di Matteo dove Gesù mette in luce il comportamento dei «teologi» di allora che «Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro …»; e li rimprovera: «…voi che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello…».

Il moscerino degli ultimi e il cammello dei potenti. Non ci saranno anche questi tra i motivi per cui la gente, e specialmente i giovani, non ci ascoltano più? Precisiamo che non siamo coinvolti nel problema neppure indirettamente; siamo sposati da quarantacinque anni e cerchiamo di vivere la fede con umiltà.

Carlo Adini e Marta StefaniniBorgo San Lorenzo (FI) Risposta cristianaBella, bellissima risposta. Esauriente e pertinente col Magistero. Ho in mente certe prese di posizione (riguardo l’argomento) di Famiglia Cristiana. Questa è la risposta cristiana. Complimenti a Padre Francesco Fabio SilviFirenze Il cattivo esempioIl problema sottolineato dalla Signora non è di giudicare lei stessa la coscienza altrui, ma di constatare che la Chiesa sembri accettare il fatto che nessuno ha rifiutato la Comunione al Personaggio noto, senza neanche sottolineare il cattivo esempio che viene pubblicizzato attraverso i media. Come si fa a non dire che «si predica bene e si razzola male»? Carla PoggiantiCarrara (MS) Tesserino all’occhielloSono rimasto molto sorpreso dalla risposta del vostro giornale a un problema di morale sollevato dalla signora Paola Maria Ottolini, che riguardava i divorziati e risposati.La risposta cita il Canone 915: ora, è proprio questo Canone a ricordarci che «non si ammettono alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena, e quanti dovessero persistere ostinatamente in un manifesto peccato grave».

L’articolo del Canone citato mi pare molto chiaro, il capo del Governo è notoriamente divorziato e risposato, perciò non poteva essere ammesso alla comunione per nessun motivo.

La signora Ottolini non dovrebbe vedere nelle parole della Chiesa una mancanza di rispetto e di comprensione verso i divorziati e risposati civilmente, ma soltanto un aiuto per vivere bene il matrimonio.

Di conseguenza la Santa Eucaristia, per l’importanza fondamentale che occupa nella formazione della coscienza e della condotta cristiana, non può essere considerata un «tesserino» che uno (fosse anche di alto grado) può mettere all’occhiello per fare bella figura davanti al popolo.

Gino RoccaLoppiano (Fi)

Non c’è dubbio che la rubrica «Risponde il teologo» sia una delle più seguite tra quelle del nostro giornale. Di questo siamo grati alla Facoltà teologica dell’Italia centrale con la quale è da tempo in atto una proficua collaborazione. E che sia una rubrica seguita lo dimostrano le lettere che normalmente arrivano (sia per porre quesiti che per commentare le risposte) e che si moltiplicano nel caso di argomenti di particolare interesse come questo della Comunione ai divorziati e in particolare dell’accostarsi al Sacramento, pubblicamente in tv, da parte del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Sull’argomento i «nostri» teologi sono intervenuti più volte sollecitati dai lettori. L’ultima in ordine di tempo è stata una risposta del padre Francesco Romano, nel n. 9 del 6 marzo scorso, sollecitata da una lettrice di Grosseto. A quella risposta hanno replicato in molti, compresa la stessa lettrice di Grosseto, con pareri diversi, rappresentati dalle lettere qui pubblicate e sulle quali abbiamo chiesto una replica allo stesso teologo. Ma per non correre il rischio di snaturare quella rubrica così seguita, abbiamo spostato il dibattito in questa pagina, che ci sembra più consona.

Andrea Fagioli La risposta del teologoIl lodevole servizio che la rubrica «Risponde il teologo» offre ai lettori di Toscana Oggi vuole ispirarsi alla specifica funzione di insegnare della Chiesa. Per questo, anche sulla situazione tanto dibattuta dei divorziati e risposati, più volte ripresa in quella sede dai lettori, ci siamo sempre attenuti all’insegnamento del Magistero della Chiesa, con particolare riferimento all’esortazione apostolica «Familiaris consortio» di Giovanni Paolo II.La questione sollevata dalla lettrice, partendo dal confronto tra la situazione di suo figlio divorziato e risposato e quella del Presidente del Consiglio, vista con gli occhi della cronaca, voleva evidenziare, a suo dire, l’ingiustizia per la disparità di trattamento dovuto a «confessori di manica larga» e «sacerdoti di manica strettissima», come lei li ha definiti, che concedono o negano l’ammissione alla Comunione.

La Chiesa con il suo insegnamento autentico informa le coscienze di tutti, indistintamente, alla verità, e si sforza di orientarle al bene. Ogni direttore spirituale e confessore ha questo arduo compito da mettere in pratica, ma la coscienza di ciascuno rimane alla fine il tribunale supremo dove egli userà la propria libertà nel modo migliore o peggiore per decidere come spendere la sua vita, incluso se accostarsi o meno alla comunione.

Fatta sempre salva la dovuta distinzione tra peccato e peccatore, e al di là di ogni riferimento personale, soltanto Dio può giudicare ogni uomo perché lui soltanto è in grado di scrutare perfettamente il suo cuore oltre le apparenze. Anche per questo la precedente risposta, nella rubrica «Risponde il teologo» su questo argomento, sottolineava che in certi casi sarebbe più prudente non provocare il giudizio altrui, volendo significare con questo che una persona, anche notoriamente o presumibilmente peccatrice incallita, nel momento in cui si ravvede per grazia di Dio, è auspicabile che non si accosti alla comunione a bella mostra, per evitare la mormorazione o lo scandalo da parte dei più deboli, ma solo per questo motivo.

Poste queste ulteriori precisazioni, è evidente che la domanda se esistano «confessori di manica larga» e «sacerdoti di manica strettissima», sia da recepire solo nella sua formulazione retorica, trattandosi semplicemente di una definizione provocatoria, come la stessa lettrice ha tenuto a precisare, per passare dalla premessa da lei posta alle ineludibili deduzioni sul noto personaggio, ormai messo al centro dell’interesse come metro di confronto con la situazione del proprio figlio.

Compito della rubrica, che non a caso si intitola «Risponde il teologo», è di aiutare a comprendere l’insegnamento della Chiesa, ricorrendo anche a esempi concreti o a fatti di attualità, per facilitarne meglio la comprensione, ma senza uscire dal solco della sua vera finalità.

P. Francesco RomanoDall’ArchivioComunione ai divorziati: quali i criteri per cui viene negata o concessa?Funerali Vianello: la Comunione del premierUna divorziata (non risposata) può fare la madrina alla Cresima?Il divorziato che non si risposa può fare la comunione?La delicata questione dei divorziati risposati

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