Cattolici e politica. Chiediamoci le ragioni che rendono debole il popolarismo nel nostro Paese

Mancando, come ha scritto Domenico Delle Foglie, «i luoghi nei quali esercitare il discernimento comunitario sul futuro del cattolicesimo politico italiano», occorre cogliere la  opportunità che offre Toscana Oggi, di alimentare un confronto per quei cattolici che «amano la politica come spazio per la costruzione del bene comune» e che, a fronte delle difficoltà, non intendono arrendersi. Del resto ci sono uomini e donne del Movimento Cristiano Lavoratori che, insieme a volontari e giovani impegnati nei territori, svolgono opera di intermediazione sociale, di formazione, di attenzione alle fasce sociali più emarginate e che colgono il crescente disagio delle nuove povertà e del lavoro che manca. Poiché la politica non riesce ad affrontare tali questioni con l’efficacia necessaria, sentono il dovere di richiamare i partiti sull’importanza di programmi che si ispirino alla Dottrina sociale della Chiesa, che riaffermino la centralità del lavoro rispetto a paradigmi economici fondati sulla finanza, che ribadiscano il ruolo dei corpi intermedi senza i quali la ricchezza creativa del popolo si estingue in una uniformità priva di senso, che denuncino l’emarginazione della famiglia operata dalle teorie relativiste, che propongano iniziative forti per contrastare il baratro della denatalità, che indichino nelle radici cristiane dell’Europa la vera prospettiva di unità politica, di pace e di sviluppo, piuttosto che il cedimento alla globalizzazione.

Da tempo il MCL ha iniziato ad intervenire rispetto a queste esigenze di rilievo politico, sviluppando un impegno di indirizzo. Innanzitutto con settimane di formazione per i giovani insieme a prestigiose istituzioni universitarie; poi svolgendo convegni e iniziative di territorio a sostegno di un forte e nuovo civismo negli enti locali; quindi iniziando a costruire una rete di rapporti con quelle realtà che condividono i principi necessari al corretto orientamento etico (Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan, Esserci, Difendiamo i nostri figli); scendendo in campo nel 2017 per difendere la rappresentanza e la  partecipazione a fronte di riforme costituzionali sbagliate; convenendo sul valore essenziale del popolarismo europeo; infine, ultimamente, indicando nel centrodestra la scelta elettorale meno lontana da ciò che il Movimento, insieme ad altre realtà associative, ritiene necessario immettere nei programmi e nelle politiche di governo.

Certo il tempo del forte e unitario impegno politico dei cattolici è lontano e, al momento, irripetibile. I partiti democratici cristiani rappresentarono, nel dopoguerra e per alcuni decenni, non solo in Italia, la migliore formulazione di quella costruzione democratica antitetica ai sistemi e alle ideologie totalitarie. Il crollo del Muro di Berlino sembrò la definitiva affermazione della democrazia. E invece così non è stato.

Se, infatti, andiamo ad esaminare la condizione di oggi, con i suoi mutamenti che stanno trasformando i cittadini in utenti, con i fenomeni epocali delle migrazioni che mettono a dura prova sicurezza e socialità, con le sfide disgreganti sul piano etico, con le ingiuste diseguaglianze che da noi ripropongono la questione meridionale e la crescita delle povertà; con il sostanziale ristagno economico, possiamo dire che la globalizzazione e le sue ideologie tecnocratiche, pur in crisi, tendono a svuotare la democrazia e l’espandersi di risposte nazionaliste e populiste ne è la conseguenza. In Italia, dove la recessione ha colpito duramente, si è andati oltre rispetto a Paesi come Francia, Germania e Spagna. La «caduta» del Pd, l’affermazione del M5S, il risultato di rilievo di un centrodestra a guida leghista ne sono il prodotto.

Non possiamo nasconderci che le attese erano state diverse: nella opportunità della legge a base proporzionale (limitata dall’assenza di possibilità di scelta da parte degli elettori) si era, comunque, intravista la speranza di rafforzare la proposta popolare, convogliandovi candidature di rilievo. Tuttavia alcune esitazioni a impegnarsi, accanto a intenzioni divisorie e al persistere di neutralismi, hanno contribuito ad un risultato inadeguato. Ma questo non spiega tutto. Ci dobbiamo chiedere, come cattolici, quali possano essere le ragioni che in Italia rendono debole il popolarismo. Quale vera origine abbia il ritrarsi di quella che era stata, a suo tempo, la confluenza sul crinale cattolico popolare e che anche oggi sarebbe necessaria proprio per l’evidente stravolgimento della democrazia partecipata, oltre che per ragioni di giustizia sociale e per la disarticolazione del Paese.

Proviamo a dare qualche suggerimento di risposta. Il prevalere anche in Italia di una idea di Europa più sul progetto di Ventotene che non in quello cristiano popolare; la scarsa attenzione al valore relazionale del lavoro rispetto alla mera logica del mercato; il rifiuto di interpretare i temi della tradizione nazionale; una socialità nella quale l’elemento veritiero della carità ed il contesto dei valori irrinunciabili  non risultino più essenziali; la teorizzazione della fine della politica cristiana e la conseguente rinuncia alla formazione di una classe dirigente politica, per lasciare il campo alla semplice sfera individuale e interiore; la scarsa o nulla attenzione verso i presupposti dell’ordine civile da riferirsi alla legge naturale.

Si tratta di grandi questioni perché la crisi della politica non può essere solo un problema di comunicazione, ma anche e soprattutto di radici culturali. Su di esse non scorgiamo solo l’antitesi e l’opposizione dell’ideologia radicale all’elemento cristiano, ma anche esitazioni e superficiali formulazioni di parte cattolica. È doveroso esserne consapevoli e rinnovare il nostro impegno. Affrontare le sfide di oggi è difficile, ma non impossibile.

*Presidente Movimento Cristiano Lavoratori