Cattolici e politica. Riflettere sui motivi di divisione

Per ricostituire una presenza unitaria dei cattolici in politica, non basta far riferimento – come viene fatto abitualmente – solo al comune patrimonio di fede e/o storico-culturale, ma piuttosto interrogarci sulle questioni che, anche momenti di formale unità, ci hanno visto divisi e che, in assenza di una mediazione, ci impedirà ancora di trovare l’unità.
Nonostante i forti richiami della gerarchia, il mondo cattolico è stato infatti sempre diviso, già a partire dal Pppi e anche la Dc è riuscita a mantenersi unita grazie alla notevole capacità di mediazione di politici abili e pazienti tessitori, come Aldo Moro, ma soprattutto per la gestione del potere e la funzione di argine al comunismo: non è perciò casuale che l’unità si sia rapidamente dissolta dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine della «centralità» democristiana. A mio modesto parere, se può esserci una speranza di un percorso comune, dipenderà non tanto dal ribadire scontati (ma evidentemente inefficaci) motivi di unione, quanto sulla capacità di confrontarci e fare sintesi su alcuni aspetti sicuramente discriminanti, che possono essere riassunti in alcune «dicotomie».
Integralismo vs. laicità: il primo requisito è quello di chiarirci non in cosa crediamo, che non sarebbe comunque scontato, stante la pluralità (per fortuna) delle esperienza di fede, quanto piuttosto intenderci cosa intendiamo per «specificità» dell’esperienza politica di credenti. Ormai tramontata ogni pretesa egemonica, dobbiamo domandarci come possiamo contribuire al bene comune, collaborando con quanti non la pensano come noi e senza compromettere la Chiesa nelle scelte temporali.
Conservatori vs. progressisti: anche se queste categorie sono in parte superate, il magistero di Papa Francesco invita i cattolici a riflettere sul presidiare più il «tempo» che lo «spazio», preoccupandoci di testimoniare speranza e proporre innovazione, piuttosto che affermare la propria supremazia e occupare spazi di potere.
Principi non negoziabili vs. doveri sociali: in questi anni di esperienza politica post-democristiana, la presenza dei cattolici è stata spesso limitata ad aspetti tradizionali, come la famiglia e la sessualità, a polemiche insistite contro i diritti degli omosessuali e sul gender, quasi che questi temi, per quanto importanti, possano esaurire il nostro contributo alla costruzione di una società più giusta e umana. Proprio l’accentuazione della dimensione etica, non può lasciare nell’ambiguità aspetti fondamentali come la legalità e l’integrità, impedendoci in futuro ogni ipocrita tolleranza e opportunismo elettorale, contro l’evasione fiscale, la corruzione, l’illegalità e la criminalità organizzata.
Individualità vs. socialità: in una società pervasa dall’individualismo, dal privato e dall’interesse particolare, a cui non siamo stati affatto immuni, dovremmo essere capaci di promuovere la solidarietà e la coesione sociale, facendo prevalere, pur nel rispetto degli inviolabili diritti personali, l’interesse pubblico, la dimensione sociale, solidale, collettiva e comunitaria, contrastando gli egoismi sociali e le rendite di posizione.
Assistenzialismo vs. giustizia: non basta intervenire nelle situazione di bisogno, nuove e tradizionali, ricorrendo solo a forme di carità e/o assistenza, ma invece, privilegiando le esperienza di sussidiarietà e garantendo l’universalità delle prestazioni, promuovendo la giustizia e rimuovendo gli ostacoli che impediscono il pieno esercizio dei diritti di cittadinanza, contrastando ogni discriminazione sociale e ogni forma di selezione che non sia basata sul merito e l’impegno personale.
Classi medie vs. popolarismo: davanti al «populismo» che semplifica il rapporto tra vertici e cittadini, negando il ruolo dei corpi intermedi, dovremo interrogarci che ruolo intendiamo riconoscere ai ceti medi, tradizionale riferimento dall’esperienza politica democristiana, oggi necessariamente da ripensare perché gli effetti della globalizzazione e dell’innovazione tecnologica, stanno riducendo gli spazi di mediazione e fanno sentire incompatibili all’opinione pubblica, le forme di privilegio e gli interessi particolari in contrasto con il bene comune. Spero che nel nostro dibattito, su queste pagine, possiamo confrontarci anche su questo.