Da dove nasce l’attacco a Boffo
di Pietro De Marco
Due schieramenti speculari hanno condotto lo scontro nella stampa e nell’opinione pubblica dopo l’attacco del Giornale di Feltri a Dino Boffo. Da un lato l’intelligencija, che ha integrato la vicenda Boffo nel mondo onirico della sua guerra antiberlusconiana. A questo automatismo hanno corrisposto subito voci cattoliche. Dall’altro lato lo schieramento di stampa e di ambienti del centro-destra, in un surge deciso a replicare colpo su colpo, ormai, alla guerra condotta da Repubblica, e convinto delle buone ragioni dell’attacco ad Avvenire.
In ambedue gli schieramenti Dino Boffo e Avvenire vengono alllineati, dagli uni come vittime dagli altri come aggressori, con La Repubblica e De Benedetti, con D’Alema, magari con la famiglia Agnelli o con Fini. Era talmente comodo metterli o tra i bersagli (in Feltri) o tra i pretesti della deprecazione e della ritorsione mobilitante (nelle sinistre), che a pochi è parso utile, persino doveroso, ricordare che Boffo e Avvenire non erano in nessun modo omologabili a nemici del premier e del governo. Non nemico per il governo, Boffo non era neppure un amico, in quanto nemico dei nemici, per l’opposizione.
Una prima conclusione: Dino Boffo è stato vittima del «fuoco amico», ed è stato talora difeso da falsi amici. Il fuoco amico è un errore; compiuto dal Giornale senza calcolare che si offrivano agli avversari, laici e cattolici, ad un tempo: la fine di Boffo e della sua sapiente moderazione di Avvenire e di altri media cattolici; l’occasione per proclamare la (presunta) «fine dell’età ruiniana»; a tutte le sinistra il pretesto per una ennesima campagna contro Berlusconi liberticida e contro il governo; l’agio per tanti di mostrarsi defensor ecclesiae. Sottolineo il regalo immeritato ad ogni avversario dell’intelligenza delle gerarchie e di Avvenire e, su tutti i fronti, del governo e del centrodestra. Oggi, critici beffardi di ieri (e domani) fanno la corte ai vescovi, facendo leva sull’«attacco alla Chiesa».
Dunque: cui prodest? Feltri ha ottenuto in un attimo il risultato che anni di circolazione cattolica di testi diffamatori non erano riusciti ad ottenere. Per anni l’Anonimo, cioè la falsa «informativa a sua eccellenza», era stato anticipato da lettere anonime inviate ai vescovi. La comparsa di questa «letteratura» è concomitante col cambio di guardia nel governo dell’Università Cattolica (2002, il primo rettorato Ornaghi), poi nell’Istituto Toniolo, che dell’Università è l’ente «fondatore e promotore», quando in fasi successive la componente laicale cattolico-democratica fu messa in minoranza e Boffo stesso entrava nel Comitato permanente del Toniolo.
Una seconda conclusione, dunque: qualcuno non ha mai perdonato all’allora presidente della Cei l’innovazione di uomini e indirizzi di governo nell’«Ateneo dei cattolici italiani». Da tale ostilità, non dai Sacri Palazzi à la Dan Brown, proviene il «coltello di Mackie Messer» di cui parla enfaticamente Repubblica. Questa evidenza, chiarificatrice di ciò che importa nella vicenda Boffo, sembra rimasta per l’opinione pubblica qualcosa di accessorio. Se prendiamo invece sul serio l’odio che ha accolto quel necessario rivoluzionamento di equilibri decennali, scopriamo che il Giornale, mal consigliato (e certo non senza colpa), ha portato ad esecuzione essenzialmente la persistente ratio anti-Ruini dei documenti diffamatori di Boffo. E il camuffamento politico-moralistico dei fatti è tale che persone candide, nel mondo cattolico conservatore, hanno fatto propria l’allucinazione feltriana di un Boffo «di sinistra» e hanno pensato ad una liberazione di Avvenire! Avventatezze comunicative hanno indotto a speculare su una Santa Sede come mandante. Invece, in questa situazione del dopo Boffo, la risposta al cui prodest? è inequivoca, quanto penosa.
Si tratta, ora, di spezzare i due schieramenti artificiosi di cui ho parlato, di rimediare al disastro pubblico e, sopra ogni cosa, di conservare ad Avvenire il suo vitale distacco dalle culture manichee, civili e religiose. Nel frattempo le cose stesse riporteranno i pezzi al posto che spetta loro sulla scacchiera ecclesiale e politica.