Benigni e la Costituzione, una lezione civica che la metà sarebbe bastata

«Vai, sorridi amore vai. Vai, sorridi e mi sorprenderai. Finisce con parole poetiche, nella suggestione delle note composte per uno dei film più poetici, lo «show» sulla Costituzione (ma si è trattato solo di uno «show»?) condotto da Roberto Benigni su una RaiUno liberata dagli spot.
Ho cercato di guardare queste due ore con il massimo di pre-giudizio. Ho cercato di convincermi su quello che tanti amici, soprattutto toscani e soprattutto «de sinistra», sostengono da un pezzo («Vuoi mettere il primo Benigni? Vuoi mettere Televacca? Vuoi mettere il vero dissacratore?»). Ho tentato di farmi cinico davanti a un’operazione pensata a tavolino per alzare non solo l’immagine di un servizio pubblico televisivo in perenne difficoltà ma pure il portafoglio privato di un comico e di sua moglie.
A spettacolo iniziato, nella parte più «comica», legata a un’attualità politica su cui c’è davvero poco da ridere, mi sono ritrovato a ridere pochino sulla scontatezza di alcune battute. E quando Benigni ha subito ringraziato gli inquadrati presidente e dg Rai, mi sono detto «ci siamo, serata fallita». Impressione confermata dalle solite battute su Silvio e Matteo, dal solito escamotage di ambientare nel passato le più indegne vicende politiche dell’oggi («tutti credettero che quella ragazza fosse davvero la nipote del Conte Ugolino … il barbaro fece l’amore con il dio po e nacque una trota … c’era uno che mandava tutti affanculo … perfino Dante fece un suo partito e lo chiamò Per Dante, PD, però non vinceva mai …»). Mi sembrava che perfino Benigni ne avesse poca voglia e che la serata stesse lentamente scivolando nello sbadiglio per poi approdare nella retorica. Ma, finito l’obbligo delle battute, è successo qualcosa.
Solo e di un pallore inquietante, magro come mai, fragile davanti all’intuibile calore dei riflettori e con un leggio sceso troppo in basso, Roberto ha svoltato. Iniziando una lezione civica che la metà sarebbe bastata.
Non so se in qualche diocesi toscana esistono le scuole di formazione alla politica (signori vescovi, ma che aspettate a farle? signori parroci, che paure avete?): ma il video del professor Benigni sarebbe la migliore lectio magistralis per introdurre questo tipo di scuole. Basterebbero le considerazioni sui «due nemici della Costituzione» (il disinteresse alla politica e il cattivo esercizio del voto) con il controcorrente appello ad «amare la politica, perché disprezzarla è come disprezzare sé stessi». Basterebbe la frase dopo («Quando diciamo che tutti i politici sono uguali, facciamo in grande favore ai cattivi, ai disonesti, agli stupidi») in un contesto, anche di Chiesa, dove si è persa l’abitudine al discernimento e dove troppo spesso ci si comporta come la folla davanti a Pilato (accidenti com’è vero, ieri come oggi, che «la folla sceglie sempre Barabba»).
Altri dieci minuti per spiegare come nasce la Costituzione e come vengono eletti queste 556 persone («divise su tutto tranne che nell’essere uniti») chiamate a scrivere le regole per vivere insieme («diventano giganti … ci fanno volare … ci regalano un testo che è poesia»). E siamo pronti, catturati, per leggere una Carta scritta in un linguaggio che «lo capiscono anche i bambini di due anni».
Ci sarei stato tutta la notte ad ascoltarlo, l’ex giullare di Televacca, lo strano «buffone» che una quarantina d’anni fa lo vedevo scandalizzare a suon di parolacce i tosti compagni nelle feste dell’Unità sulla montagna pistoiese. Avrei voluto, sul serio, che lo «show» non si limitasse ai primi 12 articoli, anche perché mi sarebbe piaciuto vedere come se la sarebbe cavata, Roberto, a commentare la bruttura di come è stato cambiato il Titolo V della Costituzione. E mi sarebbe piaciuto vederlo alle prese di un’altra, ancora più recente, modifica introdotta in Costituzione per garantire il cosiddetto fiscal compact, cioè quell’obbligo del bilancio in pareggio che per molti è un autentico tradimento proprio dei principi fondamentali così bene interpretati, l’altra sera.
Raccogliamo l’appello finale: siamo orgogliosi questa Costituzione che ci impedisce di farci fregare dalle lusinghe delle moderne sirene, che ce l’hanno copiata in mezzo mondo, che ci ricorda (tanto per dirne una) come dentro la busta paga noi «non troviamo solo soldi, troviamo noi stessi». Siamo orgogliosi che una sera, in tv, ce l’abbia raccontata un «comico» come Roberto Benigni.
Uno che con il sorriso … sorprende. Uno che meriterebbe di essere sorpreso, e di continuare a sorprenderci, anche dall’aula di Palazzo Madama. Intendo come senatore. Senatore a vita.