Europei, più cronisti Rai che calciatori in campo

di Mauro Banchini

Sono un perfetto imbecille. Mi piace guardare le classiche del ciclismo a tappe come se ciò che vedo sia vero, pensando cioè che i corridori siano puliti. Così come ho visto gli Europei di calcio con lo stesso, ingenuo, sentimento: come se calciopoli non ci sia, come se nessun portiere scommetta vagonate di euro.

E da perfetto imbecille, mi sono beccato tutto: non solo gli spot ma anche i commenti dei telecronisti, in particolare quelli della mitica coppia Bruno e Beppe.

So che migliaia di connazionali, per non correre il rischio estremo di questa avventura, hanno cercato le soluzioni più singolari: qualcuno ha tolto l’audio sostituendolo con quello radio; altri hanno preferito il «mute»; altri sono migrati su tv straniere (un amico – giuro – pur di non sentire l’alternanza Bruno/Beppe si è visto le partite su una sorta di Al Jazzeera sport. Dice che è stato divertente).

Domenica scorsa dovevo capire subito sarebbe stato un disastro: prima degli inni uno stralunato Amedeo ha chiesto a uno chiamato Demetrio che sensazione avesse. «Positiva» ha risposto Demetrio con un Amedeo più possibilista («comunque vada sarà un successo») forse pensando al cachet Rai finito nelle sue tasche.

Un tempo la Rai ne mandava meno: oggi la compagnia dei cronisti sportivi è nutrita. Si va da una certa Paola con pesanti labbra canottate a uno chiamato Varriale (uno che ci vede lontano avendo subito sentenziato che «l’uomo della partita» sarebbe stato Cassano).

Mondonico, un altro del giro, ha continuato che «loro» (gli spagnoli) «giocano senza attaccanti» e, dunque, batterli non sarebbe stato poi così complesso. Per non parlare di Sandrino Mazzola («L’asse Pirlo-Balotelli sarà quello che metterà sotto la Spagna»). Impossibile non pensare, come contribuente, che una parte del mio canone se n’è andata, quest’anno, per pagare i mirabolanti interventi di tale Pannofino che tutte le volte, con inutile fare ispirato, ha recitato le formazioni. Chiamate me, la volta prossima: leggo meglio e costo meno.

Ma arrivano loro: Bruno e Beppe. Devono sentirsi in colpa perché dedicano la cronaca nientemeno che ai terremotati con un «se urlate anche voi, vi sentiamo bene anche noi» evidentemente sincero come lo spot appena passato, secondo cui nella bevanda energetica ics «non ci sono coloranti».

Qui alcuni commenti dei due in una Spagna/Italia che si è capito subito sarebbe finita male. «Se siamo attenti possiamo colpirli con la palla profonda» è l’inizio folgorante seguito da un equivoco «i due continuano a toccarsi», riferito a Pirlo e Ramos. Lo stesso Ramos batte una punizione, occhio e croce da 45 metri, ma deve vederci come un’aquila, e forse avere tendenze particolari, visto che «guarda negli occhi Buffon».

Ai tempi di Martellini/Carosio la magia era diversa. Adesso c’è pure un terzo commentatore, dal campo, che ogni tanto interviene per assicurarci che Prandelli «si è grattato la testa» aggiungendo un «Prandelli non vuole che la squadra si abbassi» di cui mi sfugge la ratio. Il commentatore più tecnico sostiene che «dobbiamo scivolare con le linee», l’altro scopre che «gli spagnoli non sono pericolosi» ma subito prende atto che gli stessi spagnoli, quelli «non pericolosi», hanno segnato il primo gol.

Il tecnico interviene con un kantiano «noi seguiamo la palla e ci dimentichiamo dell’uomo» aggiungendo che «abbiamo certo sofferto ma ora dobbiamo fare densità». Avessimo fatto «densità» con la «palla profonda», magari avremmo vinto; ma forse siamo stati «profondi» con la «palla densa».

Concordo anch’io che «con calma si può ricostruire», ma trovo confuso quel «dobbiamo tornare a fare ciò che sappiamo fare» subito bilanciato con un «non dobbiamo copiarli nel troppo fraseggio». Gli spagnoli faranno anche un «gioco ipnotico», ma a me sembrano parecchio migliori: Bruno sostiene un «loro ci temono» forse poco tempestivo visto che un minuto dopo prendiamo il secondo gol. Balotelli «pasticcia con i piedi» e Prandelli «è molto arrabbiato con Balotelli». Finisce il tempo con un «linea alla regia» che significa … spot.

Riecco Pannofino secondo cui «l’Italia è stanca». A me non mi pagano, ma pure io – svaccato sul divano – me ne sono accorto.

Non commento il duetto Goria/Abete («Serve un’Italia che entri col dente avvelenato»), ma prendo atto che lo spot migliore riguarda un beverone che «aiuta a combattere la stanchezza». Si riparte col secondo tempo: per Bruno, i nostri avversari «hanno la squadra larga, ma così c’è spazio anche per noi» mentre Beppe sostiene che «dobbiamo uscire dal fraseggio». Mentre restiamo in 10, e forse in 9 o in 8, i due maghi del commento televisivo concordano che «loro (gli spagnoli) non hanno profondità». Sarà pure vero, ma arriva il terzo gol. E poco dopo il quarto. Pensa tu fossero stati … «profondi».

Prandelli «è una statua» ma noi, dicono loro, «cadiamo in piedi» e dobbiamo avere «grande riconoscenza a questi ragazzi per un grande Europeo» e perché «un pezzetto della Coppa appartiene anche a noi». Finisce la partita, ma non i commenti: uno («È una vittoria ideologica: c’è stato il fraseggio») mi colpisce perché questa storia del «fraseggio ideologico» proprio non la capisco.

Amedeo intervista Buffon (mi resta in mente solo il «buona doccia» rivolto dal giornalista a un portiere assai sudato). Amedeo ci riprova con un Mario Monti fuoriluogo (specie perché accetta di farsi intervistare davanti ai logo degli sponsor, come un bischero qualunque). Formidabile l’appello finale di Mario ad Amedeo che, quasi vergognandosi di una domanda fatta da studio a proposito della possibilità di «uscire fuori» dalla crisi, si becca – dal presidente – un «vedo la luce in fondo al tunnel» che io, fossi stato in Amedeo, avrei mandato pure l’ottimo Mario in quel posto. Cioè a «farsi una doccia».