Il sapore della Tv che fu
di Mauro Banchini
Neppure quest’anno son mancate le polemiche, estive, contro un servizio pubblico radiotelevisivo reo di aver ridotto la sua produzione riempiendo spazi importanti con repliche e repliche.
Nel mirino anche una trasmissione che, personalmente, quando ho potuto, ho sempre guardato. E con gusto. Mi riferisco a Teche teche te e alla riproposizione di vecchi o vecchissimi, ma anche recenti, episodi televisivi su personaggi dello spettacolo.
Sarà perché a un certo punto della vita anagrafica di ogni essere umano che si rispetti è normale ritenere comunque migliori le cose passate o sarà perché migliori lo erano davvero, ma quella mezzoretta subito dopo un telegiornale (il TG1) che non guardo più da chissà quanti anni trovandolo ormai preistorico nel suo modo di porgere le notizie, quella mezzoretta di assoluta e dichiarata evasione, l’ho trovata deliziosa. Intrigante. Divertente. Perfino intelligente.
Faccio il caso di una fra le ultime puntate (L’intelli-gene) dedicata a quell’autentico campione tv che fu Gianfranco Funari ma anche a un Gene Gnocchi dalla comicità non sbracata. Tanto il TG1 ti fa incavolare vedendo com’è ormai consuetudine sprecare un importante strumento di informazione, quanto la mezz’ora dopo ti fa gustare il gelato alla crema con lo sciroppo all’amarena, inevitabili attorno a mezzo agosto.
Si parte nientemeno che con un Benigno Zaccagnini in bianco e nero: una battuta, la sua, sull’importanza del confronto fra opinioni diverse ed ecco Funari imitato da Corrado Guzzanti. Subito dopo, con il montaggio rapidissimo tipico di questi spazi televisivi, i Gatti di Vicolo Miracoli in versione anni Settanta impegnati in una parodia di «Garibaldi fu ferito». Quando cantano «sul ponte sventola…» la regia ci fa vedere, potenza delle rime non baciate, non una «bandiera bianca» ma proprio Paul Anka.
Per poi arrivare sul vero, inimitabile, Gianfranco Funari: in bianco e nero pure lui (1975) impegnato a sfatare la diceria che i romani non abbiano voglia di lavorare. «Lavoriamo in orari diversi ghigna in dialetto oltretutto qui è nato il cristianesimo e noi, di conseguenza, sul lavoro… contempliamo».
Sarò stupido, o irrimediabilmente avviato verso una grave forma di stupidità senile, ma a me quel Funari lì piace ancora un sacco. Aveva capito, molto prima di altri, dove sarebbe andata a parare la televisione in particolare per quanto riguarda la comunicazione politica («Io sono l’unico commentatore politico in Italia») in un misto di populismo e volgarità, superficialità e demagogia in cui siamo oggi del tutto immersi.
Comparirà subito dopo in una clip degli anni Novanta intermezzando un mitico Ugolino (1970) impegnato a urlare «Ma che bella giornata» e un altrettanto mitico Rino Gaetano (1978) con l’evergreen «Nun te reggae più». Io c’ero, negli anni Settanta e me lo ricordo il Funari nello schetch con la riccioluta Minnie Minoprio. Mi ricordo pure i «Gatti» con il tormentone («Capitooo?»). E mi ricordo, come fosse ora, il racconto sempre del Funari sulla differenza fra milanesi e romani attraverso le diverse reazioni davanti a un’auto, ferma al semaforo, guidata da una bella signora che si accarezza i capelli. Se il milanese (almeno quello degli anni Settanta) all’arrivo del verde si metteva subito a strombazzare perché la donna si sbrigasse, il romano lasciava scattare i colori sei o sette volte per poi chiedere «a signo’, quanno trova er colore che ie va, poi annamo a casa?».
Che volete fare: me lo ricordo. E rivederlo mi diverte. In Rai lo sanno: e se ne approfittano ogni estate. Ragalandoci, ecco il punto, anche spazi di vera profondità. «Non sono mai stato infelice racconta, perdendo la dentiera per la foga, un Funari ormai vecchio però sono sempre stato arrabbiato e alla mia età il successo è fare ciò che voglio». Eccezionale!
Come divertenti sono i camei di personaggi, della cultura e della politica, che con la gente dello spettacolo non c’entravano nulla ma che Teche teche tà ci regala con effetti talora sublimi. Valentino Parlato fra Little Tony e Toni Ucci, Michelangelo Antonioni fra Sedaka (Neil) e Chiambretti, Sandro Pertini fra Carrà (Raffaella) e Bongiorno. Per non parlare delle (davvero tante. Ma come ha fatto?) mogli del grande Gianfranco.
Tv del ricordo? E perchè no?