L’atelier

Il cinema di Laurent Cantet assomiglia spesso a un work in progress dove si dovrebbe avere l’impressione che la storia (o meglio il progetto) poggi indubbiamente su una sceneggiatura, ma comprenda un lavoro di aggiunta o sottrazione a seconda dell’ispirazione del gruppo di protagonisti, di solito non attori ma esordienti che non necessariamente avranno una carriera. Accadeva nel suo film migliore, La classe, in un’opera minore come Foxfire – Ragazze cattive, e accade nuovamente ne L’atelier.

La differenza è che questa volta il confronto dialettico parte da lontano e punta a un risultato che può apparire già scritto e quindi bisognoso degli stimoli giusti per emergere. Si direbbe insomma che, come molti film a tesi, L’atelier finga una dialettica spontanea e segua invece una traccia ben precisa da cui non sarebbe opportuno discostarsi. In realtà, se è chiaro che gli stimoli offerti dal confronto tra i ragazzi e l’insegnante non sono tutti dovuti all’estro del momento, appare anche chiaro che il lavoro di Cantet si è concentrato più sulla provocazione che sulla volontà di dirigere il lavoro verso una mèta già scritta. Casomai, ne L’atelier c’è troppa carne al fuoco e non tutta cotta al punto giusto. Ma lo stimolo intellettuale è molto forte e l’interazione tra i protagonisti abbastanza spontanea da allontanare ogni sospetto di guida col pilota automatico.

A La Ciotat, città industriale in decadenza dove il cantiere navale che simboleggiava l’efficienza transalpina nella costruzione di grandi navi da lavoro si è trasformato in una semplice officina per gli yacht di lusso, un gruppo di ragazzi di etnie diverse partecipano a un atelier di scrittura guidato da Olivia, scrittrice di successo, e finalizzato alla stesura di un romanzo poliziesco. Niente è obbligato. Ogni dettaglio andrà discusso in gruppo. Tutte le idee saranno ascoltate e valutate. Naturalmente le problematiche individuali portano a incomprensioni e scontri tirando in ballo il razzismo, il Bataclan, le tentazioni di estrema destra. Olivia, che ovviamente farà tesoro dell’esperienza per il proprio lavoro, è soprattutto incuriosita da Antoine, apparentemente scorbutico, reazionario, asociale. Il ragazzo in realtà combatte la solitudine e non è abituato ai lavori di gruppo. Le problematiche (sia di Olivia che di Antoine) porteranno a un duro faccia a faccia. Poi la vita continua e Antoine la vedrà sicuramente con occhi diversi.

Cantet, chef per caso, riesce a cucinare i propri ingredienti senza lasciare che uno prevalga sull’altro. Ovviamente il suo scopo è quello di usare il gruppo per evidenziare lo scontro tra docente e allievo. Ma non per creare una variante drammatica a un andamento tutto sommato lineare, quanto piuttosto per dare forma e sostanza ai grandi confronti che stanno alla base del film: passato e presente, letteratura e vita, silenzio e parole. Così ne esce una generazione che, dietro l’apparenza di rabbia e insicurezza, nasconde in realtà un’attenzione a quanto la circonda e alle sue radici profonda e curiosa.

L’incontro-scontro tra i ragazzi non può non ricordare quello de La classe, ma non si tratta di una replica. Il fatto è che le problematiche di allora non sono risolte e Cantet trova giusto e naturale affrontarle di nuovo in un contesto un po’ diverso. Per questo si serve dell’idea del romanzo poliziesco dal quale dovrebbero emergere le idee dei giovani che vi partecipano e anche una rappresentazione simbolica dell’attualità. Alla fine, quando Antoine spara alla luna, gli attriti cessano. Olivia tornerà ai suoi polizieschi con qualche conoscenza in più e Antoine andrà a lavorare proprio al cantiere navale.

Tanto per chiarire quale sia la passione di Cantet per il cinema del passato (che, se è grande, passato non è) ricordiamo che La Ciotat è proprio la città nella quale i Lumière filmarono il celeberrimo arrivo del treno nel 1897 e che l’uscita degli operai dal cantiere navale rievoca la Sortie d’usine del 1895, che è il loro primo film. Così, mentre i ragazzi cercano le radici dell’attualità, lui ritrova quelle del cinema.

L’ATELIER (id.) di Laurent Cantet. Con Marina Fois, Matthieu Lucci, Warda Rammach, Issam Talbi, Mamadou Doumbia, Julien Souve. FRANCIA 2017; Drammatico; Colore.