Le Beatitudini nella società contemporanea

Pochi giorni dopo l’articolo («si incontrano persone, si raccontano storie, si ascoltano canzoni e soprattutto si suscitano domande. Per chi crede e per chi non crede») è stato Papa Francesco a ricordarci la necessità di un linguaggio nuovo per adempiere con efficacia al ruolo di narratori, ma soprattutto di testimoni, della buona notizia dataci da Gesù. Un linguaggio capace di farsi comprendere dagli uomini e dalle donne immersi in un tempo dove tutto, anche il senso di parole antiche, cambia in tempi superveloci.
Da sempre è questo il problema aperto per chi ha scelto l’amicizia con uno che andava predicando cose, almeno secondo benpensanti e custodi dell’ortodossia, del tutto folli: stare nel mondo senza essere del mondo, farsi capire senza farsi irretire.
Direi – almeno a giudicare dalla prima puntata sulle Beatitudini, quella dedicata ai «poveri». Di spirito. E non solo – che Sortino e collaboratori ce la mettono tutta. E che il prodotto è convincente: con l’unico limite, almeno per quanto mi riguarda, di una lunghezza forse eccessiva. Se una mezzoretta in meno non guasterebbe, la proposta esce fuori bene. E se l’idea è quella, direi controcorrente in questo cavolo di offerta televisiva troppo spesso omologata sul basso, di «suscitare domande», l’obiettivo pare raggiunto.
Intrigante la richiesta, fatta da Sortino ai diversi intervenuti, di «proclamare i vostri beati».
Ed è così che, nella puntata dedicata ai poveri, e alla eterna contraddizione nel proclamarli «beati», il disoccupato identifica la beatitudine in «coloro che hanno lavoro»; la giornalista d’inchiesta (che ci aveva appena finito di leggere le cifre, scandalose, del solco sempre più profondo, nella nostra Italia, fra «ricchi» e «poveri»), se ne esce con un «beato chi si indigna, beato chi non si rassegna» e, poco prima, con un eccezionale «beato chi continua a comprare libri». E così via, compreso un ottimo frate, Alberto Maggi, impegnato nel ricordarci come «Gesù non ci chiede di spogliarci, ma di vestire gli altri». Ma compreso anche l’imprenditore brianzolo con il suo «beati coloro che mettono a frutto i loro talenti».
Non mancano le canzoni. Compreso, nella puntata sulla povertà, un rifacimento della struggente «Vedrai, vedrai» di Luigi Tenco. Disperato inno alla speranza.