Natale e consumi, che forza la missione del folle profeta
di Mauro Banchini
E se davvero l’Anticristo vestisse i panni, rassicuranti e un po’ antipatici, del buon Topolino? Se davvero avesse ragione il «reverendo» Billy, con la sua parrucca bionda, ad agitarsi nei supermercati di quello straordinario e un po’ folle paese che sono gli Usa finendo solo per farsi arrestare? Se veramente ci facessimo interrogare sul serio, in particolare noi credenti, dalla inquietante domanda urlata da questo buffo «reverendo» Billy che pretende di sapere figuratevi «cosa comprerebbe Gesù» nella folle stagione del suo Natale?
Intendiamoci: questo «reverendo» non esiste; è un falso dichiarato; nessuna chiesa neppure quelle più scalcinate che popolano la grande periferia degli States lo vorrebbe fra i «suoi», anche perché sceriffi veri e poliziotti privati di mezza America lo hanno arrestato decine di volte (e come non arrestare un folle, vestito da prete, che gira tra le false strade della falsa Disneyland a urlare tutto il male possibile proprio di Topolino?).
Mi sono imbattuto in lui, nel «reverendo» Billy, per puro caso in una di queste noiose serate televisive sotto le feste. I tg avevano appena sciorinato scene allucinanti, ma purtroppo vere, legate alle code per i saldi di fine stagione. Dieci km di gente in coda alla periferia di Roma per raggiungere in auto chissà quale outlet dove false «piazze» di falsi «paesi» in vera cartapesta illudono di vendere a prezzi scontati. Code inquietanti davanti ai negozi griffati ma anche al negozietto d’angolo.
Incapace di fare una qualunque coda e sospettoso, per natura, davanti a un giaccone venduto a 300 euro mentre un giorno prima il cartellino scriveva 550 (e in realtà ho il sospetto sarebbe già caro a 120), avevo appena finito di pensare «ma che bischeri che siamo» quando, «pispolando» alla inutile ricerca di qualche programma interessante, ecco che su Sky arrivo sul 130 di «Current».
È appena cominciato «Cosa comprerebbe Gesù» e sono nello spirito giusto per farmi irretire da questa singolarissima oretta con Billy Tallen, fondatore della «Church of stop shopping». Lui, il «reverendo» è falso così come falsa è la sua «chiesa» che la traduzione è perfettamente intuitiva si propone di lottare contro i riti del consumismo. Ma che goduria questa strana missione pastorale in un contesto dove ipermercati disumani vengono (anche giustamente, per carità) benedetti proprio nel nome di quel Cristo che, magari, se lo sa un po’ si incacchia dando, forse, un po’ di ragione al motto del rev. Billy («Viviamo in un’epoca buia: ognuno nella sua auto in cammino verso il suo televisore nuovo»).
La compagnia natalizia di Billy non è male: una ventina di ragazze, tutte di rosso vestite, a formare un coro gospel che fa da sfondo alle arringhe savonaroliane (o, se preferite, donchisciottesche) del «padre» biondo.
Finisce come deve finire: un altro arresto. Impossibile ipotizzare una diversa soluzione quando il nostro «reverendo», davanti all’ingresso di un Wal-Mart (il gigante della grande distribuzione Usa) aizza il popolo beota con «Smettetela» o «Natale vuol dire più amore e meno shopping» o «Donate il vostro tempo, non comprate cose inutili». Arriva la guardia giurata («Il direttore ha detto che dovete andarvene»). Ma Billy raddoppia: entra in un negozio di giocattoli urlando «Niente regali fatti con metodi crudeli». Epilogo scontato.
Per non parlare di Disneyland. Non proprio la location più adatta per gridare, fra castelli di cartapesta e montagne di plastica, «meno consumo, più soddisfazione» o «le vere strade non sono così» o «fate un passo indietro, andate via». Dietro di lui, il coro intona «Hey Man» e davanti gli arrivano cinque poliziotti («Si fermi o la dovremo arrestare»). Lui non si ferma («Il Natale scuote il mondo, lo shopping lo addormenta») e viene arrestato un’altra volta. Proprio sotto la statua del grande Walt Disney.
Ma prima ci regala, il «reverendo» Billy, una perla («Provate a spendere la metà di quanto avete speso il Natale scorso»). Magari non sarà il massimo per certi economisti o magari, in quest’anno di crisi, già molti vi saranno stati obbligati e non per scelta.
Eppure: che goduria, caro «reverendo» pregare con te dalla piattaforma di Sky.