«Romanzo familiare», la scommessa di Tv2000
di Mauro Banchini
Può la tv rappresentare la vita vera? Penso di no: se non trucco, tv è sempre mediazione e quanto una persona possa risultare «autentica» davanti a una telecamera, ho molti dubbi. In ogni caso è da osservare con attenzione un esperimento, appena partito su Tv2000, che i due presentatori illustrano come «una avventura che prova a raccontare la quotidianità della famiglia italiana al di là del sensazionalismo».
Abbiamo sempre lamentato che il sistema televisivo evidenzi sempre situazioni al di fuori delle righe normali; ci siamo sempre dispiaciuti di come la vita quotidiana delle persone non trovi spazio e di quante bestialità si sia costretti a sorbirci nei (cosiddetti) «reality». Era giusto lamentarci e dunque ora sarebbe ingiusto fare troppo gli schizzinosi davanti a questo esempio di «real tv» iniziato lunedì scorso in diretta, ogni sera alla 18,30, dall’emittente cattolica.
Si chiama Romanzo familiare e ogni giorno punta i riflettori, entrando nelle loro case, su una famiglia italiana mentre altre famiglie sono in studio. Tutto affidato alla scioltezza dei vari protagonisti: quelli abituati a stare in tv (i conduttori) e quelli che, magari, finiscono subito per impappinarsi. Ho visto solo la prima puntata e non posso disporre di un giudizio completo. Ma tifo perché l’esperimento riesca.
La famiglia del lunedì si chiama Amoroso e vive a Scampia (Napoli). «Un luogo che basta il nome per dare subito una sensazione di disagio», conferma la conduttrice. Alla fine scopriremo che la realtà può anche essere diversa: si può vivere a Scampia essendo perfino felici.
Marito e moglie. Lei non solo casalinga ma anche catechista e cucitrice di abiti da sposa (abiti bianchi cuciti, presumo, in nero). Lui operaio alla Fiat di Pomigliano, turnista e già passato per un triennio di non facile cassa integrazione. E due figli: Simone 22 anni che lavora (lavoro dice «regolare» e la cosa è tale segno dei tempi da procurare un forte stupore in tutti) e Alessio 16 anni studente. C’è pure nonna Concetta (detta Titina): 84 anni portati con energia tanto che uno dei nipoti dà una definizione («l’anguilla della nostra casa») azzeccata per una donna/nonna che risulterà centrale nel bilancio familiare. Centrale perché fa un sacco di lavori «casalinghi» e per via della pensione: aiuto prezioso.
Con clip efficace, i 5 vengono raccontati nella vita normale. E poi la diretta. «Non si vive male, a Scampia dice babbo Giuseppe soprattutto se hai un lavoro. Molto meglio qui che in centro». Scorrono le immagini delle «vele», palazzoni incredibili che abbiamo visto in tv molte volte. «Qui aggiunge mamma Elvira c’è anche un luogo felice: è la nostra parrocchia». E racconta le attività, anche sociali, di uno spazio dove il Cristo abita certo non a caso. Ma a Scampia («stando qui se ne vedono di tutti i colori») è pure possibile vivere situazioni di normale amicizia. «Se mi tagliate gli amici, io morirei», aggiunge il fratello minore con una coniugazione dei verbi inversamente proporzionale alla simpatia del filmato: si vedono ragazzi che vogliono provare a non farsi vincere dalla violenza.
Da studio un’altra famiglia gli Scampini racconta la quotidianità in quel di Corviale, il quartiere romano chiamato «serpentone». Un’altra realtà spesso accumunata a Scampia dalla parola «disagio». Angelo e signora hanno tre figli e una nonna. Rovinano il pregiudizio sul Corviale. «Qui si vive magnificamente: abbiamo case belle, l’aria migliore di Roma, molto verde e cinque linee di autobus che ci portano ovunque», dice lui dopo 26 anni di vita vissuta nel «serpentone». E la moglie aggiunge di non aver mai avuto paura, al Corviale. «Certo c’è anche droga, ma dov’è oggi che non c’è droga? Forse ai Parioli non esiste droga? Magari lì hanno più soldi, ma qui noi abbiamo la biblioteca più grande». Discorso che non fa una piega.
Si torna a Scampia. I servizi accompagnano babbo e figlio nei luoghi di lavoro, mostrano la mamma mentre cuce un velo per chissà quale sposa, danno voce a nonna Titina, fanno vedere la pizza della cena. Serenità.
Domani, martedì, le telecamere andranno in Liguria e gli altri giorni in altri luoghi della lunga Italia alla scoperta di famiglie normali.
In studio c’è poi Marco, un cinquantenne. Lavorava in una multinazionale che ha chiuso lasciandolo in cassa integrazione. Condizione umiliante che lui tenta di combattere sia con la Fede e sia scaricandosi con la bicicletta («ventimila km all’anno»). La moglie ha un part-time. Hanno due figli e vivono con un migliaio di euro al mese. «Si va avanti solo con le rinunce. Rinunciamo a tutto, anche al necessario».
A mezzo tra documentario e inchiesta, Romanzo Popolare è una scommessa. Spero venga vinta.