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Rubrica: Risponde il teologo

18 Maggio 2004

Il Signore guarda l’umiltà

di Archivio Notizie

di Luigi M. De Candido«Ha guardato l’umiltà della sua serva» (Luca 1,48). La devozione popolare millenaria verso Maria nella chiesa cattolica e ortodossa interpreta il cantico di lei «tutte le generazioni mi chiameranno beata» come preannuncio di culto e venerazione esaltanti e inarrestabili. Tuttavia, non mancano forme cultuali che la ammirano quale umile serva del Signore; ma l’identità di «umile» è sfumata, celata dietro appellativi regali e trionfali, a differenza del sostantivo «serva» assai esaltato. Le parole che l’evangelista Luca conserva nella lingua greca sono tradotte nell’italiano ufficiale così: Dio «ha guardato l’umiltà della sua serva»; ma si possono anche tradurre letteralmente così: Dio «volse lo sguardo verso l’umile condizione della sua serva». Rimangono immutati i due connotati di umiltà e servizio: differente è l’approccio interpretativo, il quale comunque non è che complementare. Maria non teme di qualificarsi come «serva del Signore»: non smussa quel sostantivo un poco umiliante con perifrasi giocate sul sostantivo «servizio» e infatti la personalità di Maria è serva, la sua persona fa servizio. Il messia, segnatamente, è servo e il suo servizio è fedeltà totale e drastica a tale identità vocazionale. Pertanto, si può riassumere con un assioma: il servizio ottimale consiste nell’essere servo. Si può concludere, dunque, che la consapevolezza di Maria concernente la propria identità vocazionale include quel suo essere serva disponibile al servizio assecondando la parola del Signore e in tal modo acquisendo quell’ulteriore connotato che è delineato nella denominazione di «beata», con la quale si colloca nella comunanza di quanti ascoltano e operano la divina parola.Essere servo o serva si ammanterebbe di umiliazioni, a differenza del fare servizio che merita solitamente gratificazioni e gratitudini.

Maria non si rannicchia in siffatte disquisizioni. Le parole registrate dall’evangelista letteralmente affermano che lei possiede umiltà. Realisticamente si avvede di essere dotata di umiltà: dotata equivale ad avere ricevuto un dono, il dono dell’umiltà. In questa direzione l’umiltà non è umiliante né umiliazione, cioè autolesionista, immotivatamente denigratoria, piagnucolosa insincerità.

L’umiltà autentica è veracità che si compone di un no: non presunzione né superbia né sopravvalutazione; e si compone di un sì: veracità nella propria personalità e realistica disponibilità al progetto vocazionale su di sé, piccolezza e sottomissione ad una grandezza come quella di Dio in persona. L’umiltà-verità di Maria la induce ad esultare perchè l’Onnipotente ha compiuto grandi cose nell’umile sua serva. Il volgere lo sguardo, l’interessarsi personalmente di Dio a Maria umile serva scolpisce con un unico tocco di verità la sua personalità complessiva: in Maria umiltà guardata da Dio è verginità, maternità, beatitudine per la fede, obbedienza alla parola.

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