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Rubrica: Risponde il teologo

8 Ottobre 2008

La delicata questione dei divorziati risposati

di Archivio Notizie

Ho letto che il Papa ha vietato, parlando ai vescovi francesi durante il suo viaggio a Lourdes (Benedetto XVI, i discorsi a Parigi e a Lourdes), di dare la benedizione ai divorziati risposati. Mi sembra, sinceramente, una misura molto dura. Anche perché la richiesta di una benedizione, in fondo, può essere il segno del desiderio di un cammino di conversione: rifiutarla può allontanare dalla Chiesa e dalla fede persone che invece avrebbero particolare bisogno di essere accolte. Perché questa chiusura così netta? Le parole del Papa si riferiscono, forse, a situazioni particolari verificatesi in Francia? O forse, come spesso accade, le parole del Papa sono state interpretate e falsate dai giornali?

Lettera firmata

Risponde p. Valerio Mauro, docente di Teologia SacramentariaLa domanda tocca uno dei problemi più urgenti e delicati sui quali la Chiesa cattolica deve riflettere per mantenere insieme la fedeltà al Vangelo di Cristo e la sollecitudine pastorale verso il popolo di Dio.

Il discorso di papa Benedetto XVI pronunciato a Lourdes e rivolto ai vescovi francesi (Benedetto XVI, i discorsi a Parigi e a Lourdes) è stato molto articolato ed ha interessato vari punti e questioni pastorali che interrogano la Chiesa francese. Come spesso accade (e può essere comprensibile sotto un certo punto di vista), la stampa in genere ha colto quelle frasi che più interessavano o si pensava che facessero notizia.

Precisati questi punti, all’interno del suo discorso il papa ha voluto affrontare una realtà spinosa e dolorosa, quella dei cattolici divorziati e risposati, ribadendo la posizione tradizionale della Chiesa cattolica. In effetti, davanti al desiderio diffuso di coppie credenti che si trovano in questa situazione, qualificata dal Magistero come «famiglie in situazione irregolare» (cf p. es. Conferenza Episcopale Italiana, Direttorio di Pastorale familiare per la Chiesa in Italia, del 12 luglio 1993), in Francia si sono diffuse celebrazioni paraliturgiche, all’interno delle quali un ministro cattolico dà una benedizione alla coppia stessa. Il punto centrale è proprio la veste in qualche modo liturgica che assume tale benedizione. Non si tratta, quindi, di una benedizione personale o individuale, ma sulla coppia in quanto tale che desidera riceverla attraverso il ministero della Chiesa. Per quanto si possano comprendere i desideri e le buone intenzioni sia della coppia come dei ministri che si prestano a tale rito, si tratta di una cerimonia che crea fraintendimenti sul valore del sacramento del matrimonio.

Nel rito liturgico sacramentale la benedizione da parte del ministro ordinato ha un valore molto alto. In qualche modo sigilla il consenso dei due sposi, tanto che molti teologi oggi tendono a concederle un peso notevole all’interno del rito sacramentale essenziale. Diventa arduo, allora, pensare come una benedizione da parte di un ministro cattolico ad una coppia di divorziati risposati non finisca per essere compresa come una qualche benedizione sacramentale sulla loro volontà di vivere in modo coniugale.

Acquistano, allora, un chiaro significato le parole di Benedetto XVI: «Una questione particolarmente dolorosa, come sappiamo, è quella dei divorziati risposati. La Chiesa, che non può opporsi alla volontà di Cristo, conserva con fedeltà il principio dell’indissolubilità del matrimonio, pur circondando del più grande affetto gli uomini e le donne che, per ragioni diverse, non giungono a rispettarlo. Non si possono dunque ammettere le iniziative che mirano a benedire le unioni illegittime. L’Esortazione apostolica Familiaris consortio [di p. Giovanni Paolo II] ha indicato il cammino aperto da un pensiero rispettoso della verità e della carità». Il papa si era poco prima appellato alla fedeltà che la Chiesa deve mantenere nei confronti del Vangelo di Cristo: «La Chiesa vuol restare indefettibilmente fedele al mandato che le ha affidato il suo Fondatore, il nostro Maestro e Signore Gesù Cristo.  Essa non cessa di ripetere con Lui: “Ciò che Dio ha unito l’uomo non lo separi!” (Mt 19,6). La Chiesa non si è data da sola questa missione: l’ha ricevuta». È in nome di questa fedeltà al Vangelo che Benedetto XVI ha esortato i vescovi francesi ad «andare controcorrente», rispetto alla mentalità e alla legislazione comune, moltiplicando gli sforzi pastorali perché la famiglia sia sempre più aiutata ad essere cellula viva del corpo ecclesiale.

Il papa, però, ha rinnovato la limpida consapevolezza da parte della Chiesa delle situazione dolorose che affliggono molte coppie. Ogni coppia ed ogni nucleo familiare, dove un uomo e una donna si sforzano di vivere l’amore coniugale e la cura verso i figli, è un appello alla comprensione e alla sollecitudine pastorale e materna della Chiesa.

Non si deve assolutamente mettere in questione l’accoglienza verso le coppie irregolari. Si tratta di trovare modi che siano rispettosi della verità evangelica e vengano incontro alle persone. La delicata missione ecclesiale è proprio questa. Tentativi e sforzi nella direzione indicata sono doverosi da parte di tutti, in primo luogo da chi opera nel campo della pastorale delle famiglie e da parte di chi affronta la fatica oscura della ricerca teologica. Per la sua natura intrinseca, il Magistero ha il compito di incoraggiare, valutare e discernere sui tentativi che sono messi in atto. E credo che non dovremmo mai abbandonare la tensione feconda di un dialogo da riprendere e continuare sempre.

L’accoglienza si gioca prima di ogni altro campo su quello dei rapporti personali. Il parroco che si pone nella condizione di colui che vuole incontrare in Cristo le persone e non di chi è chiamato a far rispettare una legislazione, per quanto ecclesiastica, avrà modo di trovare e suggerire adeguati percorsi di fede per ogni situazione esistenziale.

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