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Rubrica: Risponde il teologo

20 Aprile 2004

Perché i parroci non stanno di più in chiesa?

di Archivio Notizie

Sono un cattolico praticante, e la domenica assisto alla Messa. Con grande dispiacere vedo la chiesa abbandonata dalla gente e quello che addolora ancora di più, è che la casa di Dio è abbandonata dai preti. Bisogna dire che i preti sono pochi e presi da molti impegni, perciò di tempo ne hanno poco. Eppure, ci sono molte persone che sono disperatamente alla ricerca di Dio ma non sanno dove andare, con chi parlare perché le chiese sono chiuse e i parroci sono impegnati altrove. Allora apriamo queste chiese (non soltanto per la Messa) e i parroci buttino a mare tutti gli altri impegni! Che ne dite? Giovanni Buchignani – Lucca risponde PIERO CIARDELLACaro signor Buchignani, sono grato della sua lettera, perché, come prete, mi costringe ad una seria verifica della mia vita. Sono persuaso che ogni prete dovrebbe spesso confrontarsi, nello spirito dell’evangelica correzione fraterna, con la propria comunità, accettando le osservazioni che gli vengono fatte, motivando le proprie scelte e, perché no, confidando con semplicità e sincerità, anche le proprie difficoltà. È vero, come anche lei riconosce, che noi sacerdoti siamo pochi e sempre più oberati di impegni, ma è altrettanto vero che, in un tempo di crisi com’è quello che noi viviamo, è forte la tentazione di nascondere in un iper attivismo, la nostra ricerca di identità, o di mascherare le nostre frustrazioni e i nostri insuccessi moltiplicando gli impegni. Alla fine, occorre riconoscerlo con onestà, corriamo il rischio, non solo di non aver tempo per gli altri, ma di non sapere più chi siamo. Detto questo, però, vorrei dirle, in tutta onestà, che anche i parrocchiani, qualche volta, è salutare che si mettano in discussione. Infatti, molto spesso l’atteggiamento dei fedeli nei confronti del loro parroco è quello del giudizio, piuttosto che della comprensione, e della pretesa, più che della attiva collaborazione. Le parole con cui ci esprimiamo non sono senza importanza, e spesso sono molto rivelatrici. Io non la conosco, e quindi mi scuserà se mi permetto di avanzare delle ipotesi sul suo conto, ma mi ha colpito l’incipit della sua lettera. «Sono praticante.. e la domenica assisto alla messa». Riconoscerà con me che il verbo «assistere» richiama una esperienza di partecipazione passiva all’evento comunitario dell’Eucarestia e, forse, anche alla stessa vita della comunità. Non sarà certamente il suo caso, ma troppo spesso, i fedeli che «assistono alla Messa» nella loro parrocchia, dimenticano che il prete ha dovuto fare le corse per essere puntuale, perché ha celebrato in un altro piccolo paese di cui è contemporaneamente parroco, e al termine deve di nuovo correre per celebrare in un’altra comunità; che durante la settimana, oltre agli impegni legati al suo specifico ruolo di pastore, si è dovuto occupare del tetto di una chiesa che è pericolante, dell’impianto elettrico di un’altra che non è a norma, di andare a perorare la causa in qualche istituto per ottenere finanziamenti, e di molti altre faccende che, di per sé, non sono specifiche del suo carisma, e che dovrebbero essere condivise dai membri della comunità. Per questo, mi permetto con sincero rispetto, di invitarla, quando in futuro parteciperà all’Eucarestia, di domandarsi che cosa ella può fare concretamente per la sua comunità, così che il suo parroco possa avere più tempo per gli anziani, gli ammalati, i giovani, e per le «molte persone che sono disperatamente alla ricerca di Dio ma non sanno dove andare».

Per quesiti a questa rubrica scrivere a: Toscanaoggi, via dei Pucci, 2 – 50122 Firenze e-mail: redazione@toscanaoggi.it

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